Madri e padri senza figli: Irena Sendler, Janus Korczak ed altri exempla di pedagogia della resilienza e della resistenza nella Shoah

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Alessandro Vaccarelli Francesco Iadarola

Abstract

Tra le innumerevoli chiavi di lettura attraverso cui possiamo ri-leggere e ri-considerare l’esperienza storica della Shoah, il tema della famiglia appare evidentemente saliente, laddove in qualsiasi fase e momento della persecuzione antisemita, il processo e poi il progetto di disumanizzazione degli ebrei, messi in campo per compiere progressivamente il genocidio, hanno fatto leva sulla disgregazione, coatta e violenta, dei legami parentali. Nell’indicibilità della Shoah, emergono storie di resistenza e di resilienza che rappresentano exempla per l’ agire pedagogico ed educativo, con padri morali (si pensi a Korczak) o madri morali il cui unico intento è tutelare l’infanzia, anche a costo, come nel caso di Irena Sendler, di costruire percorsi di allontanamento dei bambini e delle bambine dalle loro famiglie e “progetti” di ricongiungimento basati su una speranza che, seppur labile, lascia agire gli intenti resistenziali dei suoi attori. L’articolo offrirà un ritratto di Irena Sendler, l’assistente sociale polacca che nel Ghetto di Varsavia riesce a salvare la vita di migliaia di bambine e bambine allontanandoli, con l’aiuto della resistenza polacca, dai loro genitori.

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Sezione
Saggi