Verso una pedagogia radicalmente relazionale
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Abstract
I corpi, nella contemporaneità post-umana, subiscono e agiscono modificazioni (fisiche e/o psicologiche) identitarie. Queste “novità” possono risultare problematiche fintantoché conferiamo priorità ontologica ai relata piuttosto che alle relazioni. Esistono molteplici e differenti ontologie relazionali: il pensiero buddhista di Nagarjuna, l’interpretazione relazionale della meccanica quantistica di Rovelli, il realismo strutturale ontico di Ladyman, il pensiero di Bateson, il nuovo materialismo di Barad etc. Che cosa significa, in un’ottica pedagogica, adottare una prospettiva radicalmente relazionale? Ragionare in termini di intra-azioni, e non più di interazioni? Quali sono le ricadute etiche della pratica del “pensiero tentacolare” teorizzato da Haraway? Queste domande suggeriscono la possibilità di un’apertura verso l’alterità, della resistenza all’indifferenza, del superamento delle solitudini proprie del paradigma individualistico. Ci si chiede, in conclusione, se una prospettiva pedagogica radicalmente relazionale possa rappresentare un’alternativa alla hauntology di qui parla Fisher: quella “nostalgia per un futuro perduto” che contraddistingue il nostro tempo e di cui il mondo dell’educazione non sembra ancora aver preso davvero coscienza.