Parafrasando il titolo di un celebre romanzo (L’amore ai tempi del colera) di Gabriel Garcia Márquez, questo numero della rivista intende riflettere su uno degli aspetti più problematici della società contemporanea: quello cioè della rinuncia a progettare il futuro, schiacciati su di un presente che non si riesce neanche a vivere pienamente e consapevolmente, perché voracemente inghiottito da una velocità fine a se stessa.
In una pubblicazione del 2008 intitolata Vite di corsa. Come salvarsi dalla tirannia dell’effimero, Bauman raffigura il tempo della modernità come un insieme di punti sparsi che non indicano alcuna traiettoria futura ma invitano a vivere momento per momento, senza consentire progetti, desideri, sogni da realizzare ma “occasioni” da consumare secondo una logica che motiva solo a godere dell’effimera possibilità dell’ora, vivendo nella dimensione del momentaneo come forma di protezione dall’angoscia di una vita priva di prospettive. La defuturizzazione è figlia della cultura dell’effimero e le vittime privilegiate sono soprattutto i giovani a cui, invece, dovrebbe appartenere – quasi costitutivamente – la dimensione del futuro. I giovani sono il futuro: il loro futuro personale ma anche quello della società cui appartengono e che deve poter e saper riprogettarsi insieme a loro e attraverso di loro. La stagnazione in un “presente onnipresente”, più subìto che vissuto, ingigantisce gli aspetti più deleteri di una crisi generalizzata, materiale e immateriale, con cui si è soliti identificare la società contemporanea: si parla di crisi economica, finanziaria, politica, sociale, ma anche di crisi valoriale ed educativa, cogliendo del termine solo la sua accezione negativa (che peraltro pare abbia preso il sopravvento soltanto nel secondo Novecento) rispetto al significato in positivo di trasformazione, di cambiamento, quindi anche di evoluzione e di emancipazione. Questo numero, quindi, richiama l’attenzione sulle possibilità e sulle capacità che il sapere pedagogico, e le scienze umano-sociali in generale, hanno di educare a costruire futuro, con uno sguardo preferenziale alle giovani generazioni: perché sappiano ri-apprendere a sognare, a sperare, a progettare una vita proiettata verso il futuro. Com’è giusto che sia.

Pubblicato: 2015-06-09