La conversione sulla linea di fuoco. La pedagogia polemologica e ascetica di Jan Pato?ka

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Paola Martino

Abstract

L’affermazione delle guerre di annientamento e la progressiva rimozione del tema della morte hanno comportato un rinnovato rapporto con l’alterità: il nemico non va combattuto ma eliminato esattamente come va rimosso il pensiero del passo d’addio. La tragica attualità della guerra è spesso interrogata assumendo la prospettiva della pace. Il senso della guerra in sé è negato e messo a fuoco attraverso una visione che tende a farne il sanguinario stato d’eccezione del dominio irenico. Come non esita ad affermare Pato?ka, è dall’orizzonte diurno della pace, però, che si getta in avanti l’idea di guerra. Ed è proprio attraverso l’esperienza del non senso del fronte, mediante la conversione dello sguardo di chi dalla trincea ha rivisto il rapporto vita-morte considerando l’ineliminabilità del notturno nel diurno, che può baluginare la libertà assoluta, il fronteggiamento del segreto del mondo. È sulla linea del fronte che «si apre l’ambito abissale della ‘preghiera per il nemico’, il fenomeno dell’‘amore per quelli che ci odiano’» (Pato?ka, 2008, p. 146). L’esperienza di scuotimento del fronte fonda quella che Pato?ka definisce la solidarietà degli scossi, degli scampati: senso inedito per ripensare la politica, l’uomo e la sua stessa educabilità. Il saggio intente declinare pedagogicamente la filosofia della storia del pensatore ceco mostrando come la dimensione polemologica-notturna (dimensione questa ontologica, etica e politica), della turbolenza costante (Havel), del conflitto e della caduta possano assumere un significato etico-politico  ed educativo.


 

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Saggi