Il presente numero di MeTis è dedicato al tema delle trasformazioni che la globalizzazione e la planetarizzazione dei processi produttivi, economico-finanziari, politici e sociali degli ultimi decenni hanno determinato nel mercato del lavoro, con la conseguente, continua riprogettazione dei “lavori” e la permanente ridefinizione delle professionalità e delle relative expertise.
La notizia della scomparsa di Zygmunt Bauman ci ha colto di sorpresa proprio mentre stavamo pensando a questo numero e rileggendo alcuni suoi testi, annotando le suggestioni con le quali ha saputo rappresentare magistralmente la società contemporanea, indagandone gli aspetti più controversi e “oscuri” ma, allo stesso tempo, offrendo considerazioni e riflessioni per un impegno (politico, sociale, professionale, etico) a cui tutti dovremmo sentirci chiamati in prima persona.
Il crollo delle ideologie, le dinamiche consumistiche, la sorveglianza e il controllo hanno determinato, ha sostenuto Bauman, un disorientamento e una condizione di permanente incertezza (di “liquidità”) che ha interessato tutti gli ambiti di vita e di esperienza del soggetto tra i quali, a nostro avviso, sicuramente il mondo del lavoro.
L’intento del numero è, dunque, tracciare analisi e proposte pedagogiche che, senza trascurarne le criticità, sappiano disegnare la “faccia buona” del lavoro: un lavoro innanzitutto dignitoso, ma soprattutto capacitante e autorealizzativo, quel lavoro che l’Ilo (Organizzazione mondiale del lavoro) definisce decent, ovvero buono e sano, che non inibisca ma anzi esalti la creatività dei singoli e delle organizzazioni. I saggi e i materiali proposti attraversano la relazione tra sapere pedagogico e formazione-lavoro, nella prospettiva dell’apprendimento permanente, diffuso e profondo (lifelong, lifewide, lifedeep). Ciò a partire dalla consapevolezza che l’idea di educazione al lavoro si sta trasformando potentemente, anche condizionata da una spinta europeista (OECD per es.) che invita a promuovere occupabilità e self-placement dei giovani in una società in cui il lavoro, più che trovarlo, bisogna imparare a cercarlo, inventarlo, riprogettarlo, governarlo in forma critica, costruttiva e creativa.
Alla formazione (e a chi si occupa di essa, sia sul piano della ricerca che della prassi educativa) spetta una sfida difficile: quella di educare al lavoro, attraverso il lavoro e sul lavoro, rivendicando la sua dimensione esistenziale ed educativa, dunque umana, in una prospettiva allargata all’intero pianeta.
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Pubblicato: 2017-06-08